Etimologia del nome
Il vero nome del paese – così come testimoniato da un documento dell’anno 1148 – è “Calcabuttaccio” (roccia contornata da fossato pieno d’acqua), chiamato dal Galanti “Calcabuzca” (1780).
Si cominciò a scrivere “Castelbottaccio” a partire da un documento del febbraio 1767.
Lo stemma del comune comprende una botte sormontata dal castello della “civitas” concesso con riconoscimento ufficiale, con blasone, dal Regno dei Savoia nel 1930.
Notizie feudali
Al tempo dei normanni Castelbottaccio faceva parte della Contea di Molise. Nel 1132 ne era signore Malfrido o Manfredo Marchisio: nel 1148 il figlio Ugone: nel 1178 Ragone Marchisio. E’ da notare che Marchisio non esprime altro che “signore della Marca”: non vale “marchese”, e tanto meno è cognome famigliare.
Castelbottaccio nell’epoca sveva e gran parte dell’angioina, seguitò ad essere feudo della casa comitale di Molise, e nel 1309 era in vita un Raone Marchisio signore di Castelbottaccio e di Lucito, secondo riporta l’Aldimari.
All’esordio del regno di Roberto d’Angiò il feudo era tenuto dalla famiglia di Sangro, la quale ne fu signora sino al 1465, allorché per fellonia verso Ferrante I d’Aragona ne venne privata. La famiglia di Sangro vanta origini anteriore al mille, essendo indigena della vallata del Sangro e diramazione della casata longobarda dei Conte dei Marsi. Castelbottaccio, devoluta al demanio, fu data in feudo nel 1477 a Luigi Gesualdo Conte di Conza. La prosapia nobilissima dei Gesualdo, derivante da prole di Re normanno, ripeteva il cognome dal castello di Gesualdo (Avellino) che fu il suo primo feudo.
Con diploma del 10 maggio 1498 essa fu data in feudo al Gran Capitano, è noto poi che, richiamato in Spagna nel 1507, tutti i feudi che aveva posseduti vennero incamerati dal R. Fisco ed esposti in vendita.
Castelbottaccio restò aggiudicata ad un cavaliere dei Sangro, del quale ignoriamo il nome battesimale, come ignoriamo la successione feudale nella famiglia a tutto il 1560.
Ingresso palazzo baronale
Sappiamo invece con precisione che nel 1560 trovandosi eredi del feudo Vittoria e Lucrezia di Sangro (ambo monache professe nel Monastero della Croce di Lucca di Napoli) figliole di Adriana Tomacello, queste fecero donazione del feudo a costei.
Adriana Tomacello passò a seconde nozze con Alfonso Piscicelli, e morì verso il 1569.Da Adriana ed Alfonso nacque Gianfrancesco che, quale erede della madre, stabilì la signoria dei Piscicelli in Castelbottaccio, con inizio dal 1569. La famiglia Piscicelli, fra le più antiche del Reame, era ascritta al patriziato nel Seggio di Capuana, ed era assunta all’ordine di Malta fin dal 1402. L’insegna dei Piscicelli: una banda adentata di oro e di azzurro, sopra della quale è un rastrello, il tutto in campo rosso. Gianfrancesco Piscicelli – nipote «ex filio» dell’omonimo – morì nel 1646, ed ebbe ad erede il germano Berardino (nominato dal Capecelatro nel suo «Diario»): il quale fu l’ultimo titolare della stirpe. Il feudo, allora, ad istanza dei creditori di lui, venne messo all’asta dalla R. Corte, e rimase aggiudicato nel 1655 a Giambattista Ferri e la sua discendenza tennero Castelbottaccio in feudo sino ai primordi del secolo XVIII, e cioè per oltre mezzo secolo, e lo venderono poscia ai Cardone. Domenico Cardone, oriundo di Atessa, utilista di Archi e Fara in Abruzzo, teneva intestata Castelbottaccio nel 1725, ma probabilmente ne era titolare da assai tempo prima. Non è da confondere questa famiglia Cardone, indigena, con la famiglia Cardona dell’antico patriziato catalano, venuta nel Reame con Alfonso I d’Aragona illustrata dal valore e dalla lama di Raimondo di Cardona.
Furono successori a Domenico:
a) Nicola, titolare certamente dal 1731: il quale ebbe due figli, Francesco e Vincenzo. Morì nel 1740.
b) Francesco, nato il 22 novembre 1735: il quale in età di 46 anni sposò – nel 1781 – donna Olimpia Frangipane figlia del Duca di Mirabello, la quale contava 20 anni essendo nata il 16 luglio 1761.